«A voi fieri calabresi
che accoglieste ospitali me straniero
nelle ricerche e indagini
infaticabilmente cooperando
alla raccolta di questi materiali
dedico questo libro che chiude nelle pagine
il tesoro di vita
del vostro nobile linguaggio.»
(Gerhard Rohlfs, Dizionario dialettale della Calabria)

I dialetti calabresi sono fra i dialetti d’Italia più intriganti e peculiari, tanto da cattirare l’attenzione degli studiosi grazie alle sue radici, che si fondano da in tempi antichi. L’evidente diversità linguistica nell’ambito della stessa regione, il rapporto tra impronta greca antica (grecanica) e storia della Calabria, la più o meno precoce latinizzazione ed i “relitti” lessicali di altre lingue, la forte presenza della minoranza albanese (arbëreshë), sono oggi argomento di studio e discussione di glottologi e linguisti.

Greco

Il greco è un elemento fortemente caratterizzante i dialetti calabresi, è straordinariamente rappresentato dalla lingua parlata nella parte meridionale, in particolar modo nella provincia di Reggio Calabria. Per lungo tempo in gran parte della zona il Grecanico era la lingua più parlata, oggi solo in alcuni centri quali Bova, Roghudi, pochi altri paesi della zona dell’Amendolea e alcuni quartieri di Reggio vi sono anziani che parlano questa lingua calabro-greca.

La minoranza linguistica greca è particolare nel quadro italiano, giacché a differenza delle altre isole linguistiche essa ha rappresentato – fino al XIII° secolo – la lingua maggioritaria della Calabria meridionale (sebbene oggi il comune abitante di quella zona tende erroneamente a credere che si sia sempre parlato solo nelle attuali aree, o poco più), e la sua influenza – come abbiamo visto – si nota ancora oggi nelle varietà romanze di tipo siciliano usate oggi lì.

Sono 16 i comuni – tutti siti nella città metropolitana di Reggio Calabria – che lo riconoscono: Bagaladi, Bova, Bova Marina, Brancaleone, Cardeto, Condofuri, Melito di Porto Salvo, Montebello Jonico, Motta San Giovanni, Palizzi, Reggio Calabria, Roccaforte del Greco, Roghudi, Samo, San Lorenzo, Staiti.

Tuttavia, gli ellenofoni si trovano concentrati quasi esclusivamente tra Gallicianò (frazione del comune di Condofuri), Bova e Roghudi, a cui si aggiungono piccoli nuclei di emigrati da queste tre località nel capoluogo, nei quartieri di Sbarre, San Giorgio Extra, Arangea e Modena.

Macchia Albanese (CS)

Albanese

La minoranza albanese (“arbëreshë“) è distribuita a macchia di leopardo in tutte le regioni del Sud Italia, dall’Abruzzo alla Sicilia.

In Calabria si trova la maggiore concentrazione: ben 27 località, distribuite tra le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone.

Provincia di Cosenza = Acquaformosa, Cantinella (frazione del comune di Corigliano Calabro), Cerzeto, Castroregio, Civita, Falconara Albanese, Firmo, Frascineto, Lungro, Plataci, San Basile, San Benedetto Ullano, Santa Caterina Albanese, San Cosmo Albanese, San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese, San Martino di Finita, Santa Sofia d’Epiro, Spezzano Albanese, Vaccarizzo Albanese;

Provincia di Catanzaro = Andali, Caraffa di Catanzaro, Marcedusa, Vena di Maida (frazione del comune di Maida);

Provincia di Crotone = Carfizzi, Pallagorio, San Nicola dell’Alto.

Durante la dominazione aragonese, cominciarono a giungere in Calabria numerose colonie di Albanesi. Come già i monaci basiliani, anche gli Albanesi fuggivano dalla loro patria per non sottomersi ai Turchi, contro i quali avevano eroicamente, ma invano, combattuto sotto la guida del loro principe, Giorgio Castriota Skànderbeg (1403-1468). Stanziatisi in Calabria, specialmente nel Cosentino attorno alla Valle del Crati, gli Albanesi diedero una caratteristica impronta a questa zona, fondando parecchi villaggi che conservano ancora, dopo tanti secoli, la lingua, i riti, le usanze e i costumi pittoreschi dell’Albania.

La lingua da loro parlata – detta arbërishtè una varietà arcaica del dialetto albanese meridionale (il tosco), il quale ancora oggi rappresenta la base della moderna lingua albanese d’Albania, mentre i nomi che compongono la loro letteratura hanno influenzato anche quella della madrepatria, tanto da essere conosciuti anche lì: basti ricordare Girolamo De Rada (1814-1903), nativo di San Demetrio Corone (Giuseppe (“Zef”) Schirò [1865-1927], l’altro grande nome della letteratura arbëreshë, era originario di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo).

Molti comuni arbëreshë di Calabria seguono ancora oggi il rito greco-bizantino importato dai primi coloni, come ad esempio il rito dei morti, anche se sotto la cupola della Chiesa Cattolica Romana. Questi – assieme ad alcune località arbëreshë site al di fuori della regione – si raccolgono attorno all’Eparchia di Lungro, la quale concorre in importanza con quella sita a Piana degli Albanesi.

In ragione dell’importanza della comunità albanese di Calabria (specialmente quella di Cosenza), l’Università della Calabria – sita a Rende (CS) – ospita la cattedra di Lingua e letteratura albanese.

L’arbërisht ha avuto un’influenza sul particolare gergo una volta in uso dai calderai del paese di Dipignano (CS), detto ammascante.

Guardia Piemontese (CS)

Occitano

La minoranza linguistica occitana riguarda il comune cosentino di Guardia Piemontese.

La lingua è stata portata da comunità religiose valdesi originarie del Piemonte, stabilitesi in Calabria in epoca sveva (1194-1268) per sfuggire alle persecuzioni contro di esse. In origine queste comunità riguardavano anche altri centri – sempre nell’attuale provincia di Cosenza: Montalto, San Vincenzo La Costa – , ma le tracce linguistiche, per quanto oggi siano molto flebili, sono rimaste solamente a Guardia.

Vissuti in pace per secoli con gli abitanti delle zone circostanti, nel periodo della Controriforma e del Concilio di Trento (1560-61) anche in Calabria subirono la persecuzione religiosa ad opera della Chiesa Cattolica a causa del fatto che i valdesi si stavano orientando verso il pensiero di Lutero, anche grazie all’opera di predicatori quali il cuneese Gian Luigi Pascale (1525 ca.-1560). Il futuro papa Pio V (1566-1572), il cardinal Michele Ghislieri, ispirò una crociata contro di loro: attuata dal viceré spagnolo di Napoli don Pedro Afán de Ribera (1509-1571) in accordo con la curia locale e con i feudatari del luogo (i marchesi di Fuscaldo e di Montalto), i valdesi di Calabria furono trucidati in massa, sgozzati, e appesi a pezzi lungo le strade di Cosenza [Placanica 1999]. L’avvenimento fece scalpore in tutta Europa.

La forma di occitano che sopravvive a Guardia dagli abitanti che fin dal 1561 furono obbligati ad aderire alla fede cattolica (anche se oggi sono rinati i legami con la Chiesa valdese), e cioè il guardiolo, è ancora affine a quella delle valli occitane del Piemonte, appartenente al dialetto detto vivaro-alpino, anche se risente ovviamente dell’influenza della parlata italo-romanza dei dintorni e dell’isolamento rispetto al territorio originario.

Regina incontrastata della musica occitana, la ghironda (detta anche Viola o Gironda) è un cordofono a corde strofinate da un disco di origine medievale.
Oggi strumento musicale principe dell’accompagnamento della canzone tradizionale della piccola comunità Occitana di Guardia Piemontese in provincia di Cosenza.

Fonti: ascenzairiggiu.com | patrimonilinguistici.it | arte26.it | wikipedia.it | calabriaportal.it |