Molti avranno conosciuto la storia di questo gladiatore ribelle grazie a numerosi film.
Degno di nota il grande successo della serie televisiva statunitense Spartacus, nel quale l’eroe trace è interpretato prima da Andy Whitfield, e dopo la prematura morte di questi, da Liam McIntyre. Pochi sanno però che la vicenda turbolenta di questo personaggio storico si intreccia con quella della Calabria.

Ma chi era Spartaco e quale lasciato a consegnato alla Calabria e ai calabresi?

Statua di Spartaco, opera di Denis Foyatier, (1830), Museo del Louvre

Spartaco (in latino: Spartacus; Sandanski, 109 a.C. circa – Valle del Sele oppure Petelia o Petilia, 71 a.C.) è stato un gladiatore e condottiero trace che capeggiò la rivolta di schiavi nota come terza guerra servile, la più impegnativa di questo tipo che Roma dovette affrontare.

«Spartaco è l’uomo più folgorante della storia antica. Un grande generale, un personaggio nobile, veramente rappresentativo del proletariato dell’antichità»
(Karl Marx, Lettera a Friedrich Engels, 27 febbraio 1861)

Oltre 2.000 anni fa in quanto prigioniero dei romani, Spartaco fu venduto come schiavo e destinato a combattere nell’Anfiteatro campano contro belve feroci e altri gladiatori, a fini di intrattenimento per nobili e aristocratici come era uso e consuetudine del tempo.

Un eroe la cui storia è intrisa di sangue. Reclamando la libertà dalla schiavitù riuscì a formare un numeroso esercito che guidò lungo la penisola italiana fino a raggiungere le terre dell’attuale Calabria.

La vicenda personale di Spartaco è stata più volte ricostruita dagli storici, con alcuni elementi poco noti ed incerti. La versione più diffusa, lo vuole all’origine un condottiero, nato in Tracia nel territorio dell’attuale Bulgaria, attorno al 110 a. C., che si è unito all’esercito di Roma. A causa della sua diserzione, venne catturato e condannato alla schiavitù.

Acquistato da Lentulo Batiato, di professione lanista, cioè proprietario di una palestra, iniziò l’addestramento di gladiatori a Capua. Ma era pur sempre uno schiavo e, nel 73 a. C., decise di ribellarsi a questa condizione penosa fuggendo dall’anfiteatro insieme ad altri gladiatori.


Al primo nucleo di ribelli se ne unirono ben presto altri, così che la rivolta assunse dimensioni preoccupanti per la Repubblica, risultando come la più impegnativa delle guerre servili che Roma dovette combattere.

L’arrivo in Calabria

I ribelli guidati da Spartaco condussero all’inizio la loro lotta in Campania per poi spostarsi verso settentrione e ottenendo numerose vittorie. Per ragioni non molto chiare, anziché proseguire oltralpe, ad un certo punto si volsero verso sud. Mentre un manipolo di rivoltosi, che si era staccato dall’accorpamento principale, era stato sconfitto nel territorio dell’attuale Puglia, Spartaco e gli altri giunsero in Calabria. Qui si consumò uno dei più sanguinosi combattimenti dell’antichità.

Sono tutt’oggi evidenti le tracce delle fortificazioni romane presenti in Aspromonte (il “Vallo di Crasso”) per contrastare gli uomini di Spartaco.

L’intervento di Crasso e la sconfitta nella battaglia di Petilia

Una delle battaglie più importanti e impressionanti della storia, quella tra il gladiatore trace Spartaco, e le milizie romane guidate da Crasso. È il 71 a.C. e i fatti avvengono sicuramente nel Sud Italia: la valle del Sele, oppure, secondo altre autorevoli fonti (Appiano, Plutarco, Manzoni, nonché dalle fonti degli Annali civili del Regno delle due Sicilie del 1846) nei pressi dell’antica Πετηλία (Petelia), odierna Strongoli. 

Marco Licinio Crasso, politico e comandante militare della Repubblica, ricevette l’incarico di sconfiggere l’esercito di Spartaco. Crasso e le sue legioni ottennero molte vittorie, costringendo i nemici a spingersi a sud, fino allo Stretto di Messina.
Pare che a questo punto i ribelli abbiano tentato invano la fuga verso la Sicilia, ma poi si ritirarono verso Rhegium (attuale Reggio Calabria), ma furono ben presto sotto assedio.

Spartaco tentò di negoziare con Crasso, ben consapevole che a breve le fila romane sarebbero state rinfoltite. Le trattative fallirono e allora Spartaco ruppe l’assedio delle forze di Crasso e si ritirò verso Petelia (attuale Strongoli, in provincia di Crotone) rifugiandosi sui monti.
Qui, la battaglia decisiva: secondo alcuni storici, Spartaco trovò la morte proprio nel territorio di Petelia, mentre altri sostengono che, riuscendo a fuggire, morì nel Cilento, nei pressi del fiume Sele. La maggior parte dei suoi compagni furono crocifissi lungo la via Appia, tra Roma e Capua.

La morte di Spartaco a Petelia è oggi un’ipotesi storica difficile da confermare e allo stesso tempo ma del resto difficile da smentire, dopo più di 2000 anni dai fatti e senza evidenti testimonianze Rachele che confermino con certezza assoluta come siano andati i fatti.

Tuttavia, chi lavora con il turismo e si impegna sulla valorizzazione della memoria storica del territorio, sa bene che le  ipotesi storiche , anche se incerte, non sono prive di valore, ma possono essere considerate altrettanto valide.
Tali ipotesi, come quella abbastanza concreta della morte di Spartaco in terra calabra, è un grande stimolo per il territorio: funge da attrattiva, creando interesse sulla tradizione locale e sulla riscoperta delle origini e delle identità territoriali.

Oltre 2000 anni dopo, la nobile battaglia di Spartaco per l’affermazione della dignità umana e della libertà è ancora soggetta a sentimenti di ammirazione, che affascinano fortemente la storiografia a livello mondiale: è un tesoro da riscoprire, una straordinaria opportunità per il turismo culturale dei territori, come la Calabria, segnati dalla fatale rivolta.

Leggenda vuole che durante il passaggio di Spartaco venne nascosto un meraviglioso tesoro presso l’attuale Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Chi sa se ancora sia custodito in un luogo segreto e remoto, in attesa di essere ritrovato…


Fonti: eurocomunicazione.com | hubcalabria.it | wikipedia.it